Ex Libris 412 (Controinformazione e complottismo)

Come suona alle tue orecchie la formula “strage di Stato”? L’espressione ha una storia tormentata. Semplifichiamola. La sua prima comparsa ha il merito di denunciare una complicità fra attivisti dell’eversione di destra e apparati e uomini dello Stato. Strada facendo, divento il sospetto – o la sicurezza – di una compromissione totale dello Stato e dei partiti governativi (e dietro di loro la Cia), spinto fino all’idea di una divisione del lavoro fra lo Stato mandante e i neofascisti e neonazisti manovali. Parallela a questa evoluzione è quella da una “controinformazione” come capacità critica di indagine e di smascheramento delle menzogne del potere a una “controinformazione” soggiogata da una concezione del sospetto e del complotto che arriva alla paranoia. Da lì si tornò indietro, come succede dopo una sbornia eccessiva, con un gran mal di testa e un bisogno di convalescenza, che a sua volta si tradusse n una rinuncia all’attenzione critica e in una indulgenza (e autoindulgenza) verso le magagne del privilegio. Come succede, il tempo si riprese i suoi diritti, e si tornò a una diffidenza che sarebbe anche lei cresciuta fino alla resurrezione, anzi su una scala più vasta se non universale, della teoria del complotto (il cui culmine è nella negazione della matrice islamista dell’11 settembre). Titoli come “Tutto quello che credete di sapere è falso” costituirono un vero filone di successo, che metteva assieme anziani che non avevano mai smesso una visione complottista (e per lo più antiamericana e “antisionista”) della storia del mondo, e giovani sinceramente “altromondisti” scandalizzati dall’ingiustizia della terra e dalle porcherie dei potenti.


5 risposte a "Ex Libris 412 (Controinformazione e complottismo)"

  1. Da lì è cambiato tutto ma si è anche continuato a ricordare ed essere memori di quel momento.
    Fin da bambina sono passata davanti alla questura di Milano, dove c’è la lapide in ricordo di Pinelli che recita “A Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico. Ucciso innocente nei locali della questura di Milano il 15-12-1962. Gli studenti e i democratici milanesi”. Poi è arrivato lo sfottò della nuova targa che recita “innocente MORTO tragicamente nei locali della questura”. Ogni tanto qualcuno si cura di correggere “morto” con “ucciso”. E’ andata avanti tanti anni e il fatto che continuino è il segno positivo che, nonostante tutte ste serie tv smielate e revisioniste sul padre del direttore di La Repubblica (Calabresi appunto) i milanesi sanno, continuano a sapere e sempre sapranno cosa è successo davvero a Pinelli.
    A me comunque è sempre sembrato molto più importante che ci fosse scritto in entrambe le lapidi “NEI locali della questura”. Stato in luogo. Dentro. Non fuori da una finestra.

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